l'orsa di mezzo

Perché tra il maggiore e il minore non c'è un buco nero


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A caval prestato non si guarda in bocca (e neanche a me, che sto ancora masticando)

Una vera donna di classe sa portare con disinvoltura anche un ombrello di High School Musical.

Soprattutto perché, pur di raggiungere il bar per la pausa pranzo, sarebbe financo disposta ad accettare un passaggio sotto una mantellina di Peppa Pig.

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Germogli

In genere non serve molto, per renderti felice.
Salute tua e dei familiari a parte – argomento che dopo i quaranta, ti piaccia o no prende la sua importanza – basta anche solo un buon libro, una birretta, la fumatina sul balcone mentre lo sguardo corre da dentro a fuori e viceversa, qualche coccola, un lavoro fatto bene, un impegno piacevole (uno, anche piccolo) nel weekend, la scarpa che ti dona.
I sogni grandi ti han sempre fatto paura. Incombono lassù e se poi non li realizzi ti possono schiacciare.
Preferisci quelli maneggevoli e colorati, leggeri, che porti legati al polso con un filo come palloncini, collegati tramite te alla terra.
Non ritieni di essere una persona di grandi pretese.
Di solito.

Poi arrivano momenti in cui nulla ti basta, niente ti soddisfa. Avresti voglia di qualcosa che non sai, ma sai che non è una fiesta. Vedi crepe in qualsiasi idea, ammazzi il tempo ma quello, come in certi film, si risveglia sempre e cerca di farti fuori a sua volta. Un modo per stare meglio per un po’ ci sarebbe, ma ti conosci bene, e sai che non è una soluzione adatta a te.

Quand’è così, l’unica cosa è andare, da sola, e allora vai.
La pioggia non ti ha mai frenata e non lo farà neanche stavolta.
Parti con il tuo zainetto in spalla, lo sguardo rivolto alla montagna. Il bastoncino da trekking più che altro come dissuasore per eventuali attaccatori di sgraditi bottoni.
Macini chilometri e pensieri, la pelle delicatamente rinfrescata. Quando arrivi al punto in cui fosti aggredita quando avevi sedici anni, sputi per terra.
Raggiungi un paesino arrampicato. Vorresti tanto un caffè e un bagno ma sei un’idiota e non hai preso neanche un euro. Entri nel bar, dove elemosini la toilette, reprimi il desiderio di caffè e prosegui.
Poco più in su passi davanti a una cascina in cui vendono il formaggio buono, ma sei sempre la stessa idiota di prima, quindi fingi di non vederla.
In compagnia del tuo neurone superstite stai benissimo; è tutto uno scambio vivace di impressioni. Il movimento fa bene anche a lui.
Quando la pioggia si fa troppo insistente apri l’ombrellino e guardi, compatendoli, gli automobilisti che ti guardano compatendoti.

Torni verso casa fradicia e stanca, finalmente felice.
Prima di entrare alzi gli occhi e il tuo palloncino gonfio di sogni modesti è sempre là, saldamente ancorato al suo fragilissimo filo.

 

Costruiamo tanto sulle occasioni colte quanto su quelle che lasciamo andare via. E non è detto che l’erba germogliata sui detriti delle prime sia più verde dell’altra.

montagne pioggia