l'orsa di mezzo

Perché tra il maggiore e il minore non c'è un buco nero


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Piccolo omaggio estivo ai ricordi

Un sacchetto di carezze

Circondami le spalle.
Così che il giorno
sia meno greve
e l’aria che respiro
trasparente.

Legami alla vita
quel tuo filo azzurro.
Così che il peso specifico
del sogno
mi sollevi un poco
al di sopra dell’alba.

Averti dentro
lievita il mio spazio.
Una doppia pelle
tutto intorno
protegge flussi densi
di estasi segrete.

Prendi le mie mani,
torna a casa
con un sacchetto di carezze.
Anche ad occhi chiusi
e cuore spento
io ti ritroverò.

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I diari della sigaretta

Inquietudine è un insieme di lettere vergato su una striscia di bianchetto.
Sotto, ben nascosta, c’è la parola vera, ma per andarla a leggere non basta una grattata con l’unghia.
Inquietudine è passare da una stanza all’altra, e poi a un’altra e poi a quella di prima senza saperne la ragione. E’ aprire il frigorifero e stare lì imbambolati a osservarne il contenuto chiedendosi perché mai si sia fatto quel gesto. Trovarsi al piano terra e non ricordare di aver fatto le scale.
E’ lavorare senza riuscire a concentrarsi, lasciando dieci cose a metà senza poterne finirne nemmeno una. Trovarsi , dopo,  più stanchi che mai.
Comporre un numero di telefono e farsi prendere dal panico quando dall’altra risponde qualcuno la cui identità ci è improvvisamente ignota. Osservare con sguardo vitreo ma convincente la collega che da dieci minuti ti racconta i cavoli suoi, fare sì sì con la testa. Vuota.

L’inquietudine non ha la faccia.
Prende una serie di gesti apparentemente slegati e li incolla insieme ma non asciuga. Rimane vischiosa per un bel po’; appiccicando e appiccicando riesce a formare agglomerati di ore che diventano un bolo, impossibile da digerire.
Non si scioglie con l’alcool. Non si placa col fumo. Rimane a vegliare il tuo sonno leggero e ti aspetta ai piedi del letto, pronta a infilarsi tra la pelle e i vestiti.

L’inquietudine è un temporale.
Il tuono rimbalza tra le pareti e il soffitto del cielo, spargendo il suo rombo indistinto nell’aria ma l’origine è là: nel lampo che strappa l’orizzonte in un punto preciso e fugge ricucendolo alla svelta, prima che il tuo occhio lo possa imprigionare.

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